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Business

  • Position Paper
  • "Tecnologia, Business, Ambiente, Servizi"
  • Numero 02 - 25 Luglio 2018
Pablo Jarauta
  • Pablo Jarauta

Il trionfo di un modello economicista nel mondo contemporaneo va ben oltre gli aspetti strettamente economici, legati alla produzione; si espande fino a configurare un vero e proprio modello civile definito da un sistema esponenziale di necessità di cui il modello del consumo rappresenta l’esempio tipico. La mondializzazione del mercato e il valido sostegno dei sistemi di comunicazione hanno un impatto sorprendente, che rende possibile una sorta di omologazione dei life style di qualsiasi angolo del pianeta. Questo nuovo orizzonte ci obbliga a esaminare i nostri sistemi produttivi e le loro relazioni con i modelli di futuro che desideriamo costruire.

È anche vero che il dibattito attuale chiama in causa tanto la legittimità politica del nuovo potere economico quanto le pratiche di tipo speculativo del sistema finanziario. Ci troviamo di fronte a una situazione caratterizzata da un evidente deficit politico e da un onnipresente potere economico-finanziario la cui legittimità è sempre più discutibile. Le analisi di Richard Falk potrebbero essere un riferimento al riguardo.

Al contempo, però, è sempre più interessante l’emergere di micro-economie, di progetti economici nel contesto delle cosiddette industrie creative, tutelate dalla logica di quelle che Richard Sennett chiamava New Community, vale a dire, modelli di associazione capaci di definire uno spazio di lavoro su spazi sociali definiti o emergenti. Lo IED deve essere aperto e potenziare queste forme parallele in cui nuovi profili professionali si aprono alla complessità del mondo contemporaneo.

 

Il mondo contemporaneo è completamente sottomesso e dominato dal materialismo e dal business, ha perso progressivamente molte delle dimensioni esistenziali che lo arricchivano: la ricerca della bellezza che illuminò l’Antica Grecia, Roma e poi il Rinascimento, la spiritualità che fino a un decennio fa imperava nella vita di molte comunità, soprattutto in Oriente, o la battaglia per i diritti e le rivoluzioni sociali dei secoli XIX e XX.

Oggi, sostanzialmente, tutto il business e le zone marginali che ancora non lo sono operano spesso in maniera economicamente non sostenibile. Sull’economia è stato studiato praticamente tutto, non restano molti misteri sul suo funzionamento. Con una forte componente scientifica e matematica, l’economia ha beneficiato dei recenti progressi in aree di calcolo, simulazione o modelli sempre più sofisticati.

Le questioni che oggi dominano lo scenario economico e imprenditoriale sono varie: la transizione dall’economia reale, produttiva, alla finanza, che gestisce pericolosamente, e senza controllo, enormi volumi virtuali; anche i temi della disuguaglianza crescente, la tendenza in aumento della disoccupazione, giustificata dalle nuove tecnologie che sostituiscono il lavoro umano, la disindustrializzazione implicita nei nuovi modelli produttivi, l’incapacità dello Stato di adattarsi al cambiamento dei contesti e le situazioni di tensione e crisi in continua crescita, la dislocazione e la globalizzazione, la crisi demografica e quella idrica. Inoltre, andrebbero ricordate le multinazionali monopoliste, sempre meno e sempre più grandi (si pensi a Monsanto e Bayer), che operano in totale sintonia con altri poteri mediante sedi “intellettuali” come Davos, per perfezionare il controllo sullo sviluppo.

La progressiva insostenibilità economica dello stato nazionale del design europeo e il dissolversi dell’industria manifatturiera tradizionale hanno creato un enorme buco nero. Negli Stati Uniti la manifattura è stata sostituita dall’innovazione ma sono pochi e sempre meno i paesi capaci di seguire questo processo. Lo Shangri-La promesso è l’auto-impiego e la micro-impresa distribuita, la quale non appena raggiunge il successo finisce per essere divorata, comprata, dagli squali; Steve Jobs e Mark Zuckerberg sono i casi di successo che fungono da riferimento per le nuove generazioni.

 

È evidente che la professione del designer nel contesto contemporaneo oggi è completamente diversa da quella del libero professionista, indipendente, attivo nella creazione, in gran parte estetica, della fine del XX secolo. È chiaro che la componente economica, le premesse di costo e mercato, il business plan, la scalabilità e così via oggi sono le variabili imprescindibili di qualunque progetto. Del resto, è chiaro anche che il nuovo ruolo del Design è “centrale” nella coordinazione di team multidisciplinari che stanno dietro a qualunque iniziativa che oggi possa funzionare, essendo necessaria una maggiore predisposizione rispetto al passato a intraprendere in prima persona.

D’altro canto, non dovremmo confondere completamente i profili: il designer e l’imprenditore continuano a essere “animali” diversi con interessi e priorità differenti. In futuro si assisterà a una fusione di competenze e interessi, operando su reti in cui idealmente ciascuno possa contribuire a un obiettivo comune, guidati da una persona da seguire. Il contributo principale di un designer continuerà a essere quella misteriosa ed elusiva entità chiamata “idea” e l’obiettivo di una scuola di Design continuerà a essere la formazione di persone che riescano a fare la differenza.

Una formazione specifica sul tema del Business non deve essere competenza di una scuola di Design, appartiene piuttosto alle Business School, agli MBA, agli istituti con solide basi economiche. Quel che sì appare necessario è insegnare come costruire e come partecipare a un Network che coinvolga imprenditori, gestori, finanziatori mediante canali diversi, dal crowfunding al ventur capital.

Lo IED potrebbe caratterizzarsi per un approccio all’economia e al business dall’etica, mostrando il labile confine tra il giusto profitto e il profitto che parte dalle situazioni di difficoltà e necessità delle persone.

Esiste sicuramente anche una dimensione di business legata alla globalizzazione, alla sfida di costruire “collaborazioni progettuali” internazionali, che oggi sono ancora del tutto agli albori rispetto a quelle commerciali o a quelle scientifiche, e che caratterizzano sempre più il futuro a breve termine con Network che cambiano e ottimizzano know-how, opportunità, necessità, risorse, indipendentemente da dove vengano, attorno a un interesse e un obiettivo condivisi.

 

Il nuovo ruolo del Design è “centrale” nella coordinazione di team multidisciplinari che stanno dietro a qualunque iniziativa che oggi possa funzionare, essendo necessaria una maggiore predisposizione rispetto al passato a intraprendere in prima persona